…ora sappiamo che la sua strada era un tratturo … e la sua musica una perenne transumanza fra gli uomini e le loro storie.
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Massimo Liberatori … quando io stavo appena per cominciare lui era già una timida leggenda. Ma così, senza darlo troppo a vedere.
Ricordo che frequentavo i Centri Sociali e lui c’era passato a cantare, qualche volta era a Milano, qualche volta a Roma, qualche volta a Bergamo.
Ho collezionato e seguito i suoi dischi, me lo sono sentito amico prima di incontrarne lo sguardo: “ecco uno bravo, ecco uno onesto, ecco uno che senza proclami e retorica va dietro alle storie, le mette a passo di musica”, questo ho sempre pensato di Massimo Liberatori.
… Intorno a noi stava impazzando l’Hip Hop, rantolavano le ultime sillabe Punk, il Folk irlandese diventava il modulo sul quale cantare “Bella Ciao”, qualcuno riprendeva i ritmi nostrani della pizzica o del saltarello.
Lui invece seguiva la sua strada, con un modo garbato e ironico, citava ora questo ora quello stilema musicale, li fondeva in un modo tutto suo che lasciava intravedere i suoi maestri senza mai farne l’imitazione, si impadroniva di tutti i linguaggi e li usava per tornare a casa. Ora sappiamo che la sua strada era un tratturo – non proprio un’autostrada ma nemmeno un percorso casuale – e la sua musica una perenne transumanza fra gli uomini e le loro storie. Il tratturo è un luogo, un tema poetico, ma anche una filosofia di vita.
Massimo Liberatori è appunto un cantastorie itinerante, nel senso più coerente e moderno che può avere questo termine, traversa l’Italia e qualche volta si spinge anche più in là, mentre scrivo per esempio sta per trasvolare l’oceano e presentare a New York, nel Pantheon del canto sociale di Woody Guthrie e C., il suo nuovo disco: “Tratturo zero”. Un disco insaporito di tante spezie musicali da riportare a casa e che si muove al passo lento e riflessivo dei pastori sfuggendo a percorsi obbligati. Massimo è un grande narratore in musica e prosegue sul suo tratturo con la serena caparbietà dei giusti per cercare l’uomo e le sue storie tra un nonno a Caporetto che tornò a casa con un mazzetto di stelle alpine di frontiera senza poi aver preso mai la tessera del fascio e lui resistente, immerso come tutti noi nel buio del presente, o come dice lui “Nella notte del cantastorie”»…
Alessio Lega